Per la stragrande maggior parte trattasi di piccoli-medi imprenditori la cui attività viene ad avere sempre meno domanda di mercato, vedi le cartiere, oppure deve affrontare la sempre crescente presenza di agguerriti concorrenti, vedi i cinesi per la Fac; per alcune aziende, come proprio la Fac, si parla di correre ai ripari delocalizzando la produzione in zone limitrofe, appartenenti comunque al territorio provinciale, anche se forte è la tentazione dell’imprenditrice a delocalizzare all'estero, in paesi, come ad esempio la Tunisia, dove la manodopera è a più basso costo per la dirigenza aziendale. Chi invece non ha nemmeno la giustificazione di minore domanda di mercato per i propri prodotti, oppure di concorrenza aguerrita o ancora di cessata convenienza a mantenere qui la propria manodopera, sono le multinazionali, come gli americani della OCV, i quali hanno deciso di punto in bianco di delocalizzare la produzione in altro paese europeo, forse la Francia.
Questi sono i rischi della globalizzazione, dove le multinazionali estere fanno il bello e cattivo tempo, e se decidono per qualsivoglia motivo di chiudere in loco e delocalizzare (sull'esempio anche della Fiat di Marchionne), non c'è sindacato od ente locale che tenga, mentre da parte dei proprietari delle piccole-medie imprese si potrebbe, e si sarebbe potuto pretendere in qualche caso più coraggiosi investimenti per piani aziendali più innovativi, magari aperti a una parziale se non totale riconversione dell'azienda stessa quando appare evidente che il vecchio prodotto non può proprio disporre più di alcun spazio di mercato; e per riconversione mi riferisco soprattutto verso i settori dell' elettronica, delle energie rinnovabili, del manifatturiero e artigianato; ovviamente in tutto questo importante risulta l'appoggio degli enti politici locali e regionali.
Certo quella della OCV è stata una decisione davvero improvvisa e,almeno in apparenza, inaspettata, non si sa quanto favorita dal mancato, o meglio, non rispettato accordo del 2008 sulla fornitura a più basso costo di energia elettrica da parte di Tirreno Power, tramite un cavo elettrico dedicato collegante direttamente le 2 aziende. Si dice che ciò sia dipeso dal veto della Terna, il garante per l'energia, e quindi dal Ministero dell'Economia; sta di fatto che di questo accordo da allora non se ne è mai più parlato, fino a un mese fa, quando i sindacati han mostrato di cadere dal pero. E qui emerge che, con tutta la quantità di energia prodotta (quasi 5 volte il fabbisogno provinciale), per di più a basso costo con l'utilizzo di carbone, e pagando forse pure un'ICI assai minore rispetto ad altre centrali termoelettriche italiane (vedi l'Enel di La Spezia), Tirreno Power potrebbe pure agevolare la fornitura di energia elettrica a tariffe più agevolate per queste aziende così energivore situate sul territorio limitrofo o comunque della provincia. Ma sindacati ed enti locali si son sempre guardati bene da chiedere queste cose a Sua Maestà Tirreno Power, mentre i primi, assieme alla Provincia sin dall'inizio, e poi anche alla Regione, hanno sempre caldeggiato il piano di ampliamento a carbone del colosso franco-debenedettiano, per disporre di qualche decina di nuovi posti di lavoro a prezzo di un'ulteriore martirizzazione ambientale e sanitaria, confermando così una miope visione vetero-comunista del mondo del lavoro. Quanta distanza c’è dai sindacati di Casale Monferrato, in prima linea sin quasi da subito per la difesa della salute dei lavoratori della Eternit, e quindi anche di quella dei cittadini di tutto il comprensorio.
Ma anche quale diverso atteggiamento esiste tra i"nostri" sindacalisti e Landini della Fiom di fronte al ricatto occupazionale imposto in un caso da Tirreno Power e nell'altro dalla Fiat, e ancora sulla santificazione delle grandi opere da una parte e la sana critica di esse dall'altra, con Landini che ancora oggi si è espresso contro la TAV. A proposito di grandi opere, Il consiglio provinciale di lunedì scorso ha visto una parata di stelle locali, in particolare del mondo della triplice sindacale e dell’imprenditoria, tutti in coro ad inneggiare, Congiu e Canavese in primis, all'ampliamento a carbone della centrale così come alla costruzione della megapiattaforma portuale Maersk a Vado, fino alla megacostosa e megadevastante (per l'ambiente) bretella autostradale Borghetto-Predosa, considerata la "TAV de noatri". “Le grandi opere, fonte di centinaia se non di migliaia di nuovi posti di lavoro, la panacea dei mali dell’economia provinciale, grandi e meravigliose opere che sinora sono state ostacolate, senza validi motivi, da presunti problemi di natura ambientale da parte di comitati che si oppongono allo sviluppo del progresso, del porto di Savona-Vado, del maggiore afflusso di turisti per merito della nuova autostrada, tra l’altro funzionale pure per la piattaforma di Vado”: questo, in estrema sintesi, si è detto in quasi tutti gli interventi in consiglio provinciale, “Chi si oppone, ovvero gli ambientalisti, ha una visione ideologico-demagocica (ma i 2 termini non sono in contrasto?) e anti-moderna dei problemi, non tiene allo sviluppo economico, né al diritto al lavoro(art.1), né a quello dei turisti lombardo-piemontesi ad affluire più numerosi nella riviera ligure di ponente”.
Insomma, davvero delle “ottime” proposte si sono fatte per risollevare il mondo del lavoro in provincia di Savona: solo grandi opere, ovvero carbone, sempre più carbone, e poi container (ma il loro traffico non sta continuamente calando nel mondo?), e poi ancora trasporto, sia di uomini che di merci, su gomma, e non su rotaia. Pensare che invece il mancato raddoppio della linea ferroviaria nel ponente nega, quello si, il diritto ai turisti non solo di accedere alle cittadine rivierasche, ma anche e soprattutto di poter ivi girare liberamente colle proprie gambe e/o con mezzi pubblici locali, senza l’incubo di dover cercare introvabili e preziosissimi parcheggi per la propria auto e quello di terribili code stradali e autostradali (su una costosissima Autostrada dei Fiori) sia all’andata che al ritorno; certamente che, senza il raddoppio ferroviario e col circolare di sempre meno convogli, anche il viaggio ferroviario oggi come oggi, nei weekend estivi, costituisce una vera odissea per il turista. Un “bel” servizio al nostro turismo è costituito pure dalle emissioni di inquinanti, in aria e in mare, da parte della centrale di Vado, e ancor più bello lo sarà col suo ampliamento e con la presenza della piattaforma Maersk; ma quel genio di Canavese ha già programmato la costruzione di una sorta di collinetta artificiale tra Vado e Bergeggi, di modo che l’aria e le acque risulteranno miracolosamente intatte e salubri per la gioia di turisti e operatori turistici da Bergeggi in poi, verso ponente (si rassegnino invece i vadesi ,considerati oramai cittadini di serie B, anzi no, di serie V, come Vado).
Insomma, nella grande holliwoodiana kermesse di lunedì 5 marzo è andata in onda la celebrazione di una vetero politica industriale, in nome dell’art.1 della costituzione, e a completo dispregio di quello 32 della stessa costituzione della Repubblica Italiana, quello sul diritto alla salute, non solo dei cittadini, ma anche degli stessi lavoratori. Qualche centinaio, forse, di posti di lavoro in più, tra Tirreno Power e Maersk, a discapito di migliaia in meno nei settori di turismo e agricoltura, causa ulteriore degrado ambientale, che significa inoltre degrado nel livello di salute dei cittadini, con conseguente ulteriore accentuazione delle spese sanitarie e quindi della crisi della sanità; senza contare, poi, che il nuovo gruppo a carbone della centrale di Vado prevede una maggiore automazione degli attuali, e che inoltre il passaggio dal pubblico di Enel al privato di Tirreno Power ha di fatto, nel giro di pochi anni, dimezzato i posti di lavoro…col placet della triplice sindacale.
Sono un medico di famiglia che lavora a Savona, e tocco quotidianamente con mano il crescente dramma sanitario dei cittadini, i quali sempre di più non possono permettersi i numerosi esami e gli altrettanto numerosi farmaci per migliorare il loro carente stato di salute, e queste loro ristrettezze economiche sono dovute non solo alle magre pensioni, ma anche, per coloro che sono in età lavorativa, sempre più al lavoro precario o addirittura venuto a mancare, sostituito, se va bene, dalla cassa integrazione affiancata, magari, a lavoretti saltuari ed occasionali; parliamo quindi di persone particolarmente "sfortunate"(diciamo così),alle quali si sono negati entrambi i diritti, al lavoro, e prima ancora alla salute; e tra i pensionati ci sono ex-lavoratori ammalatisi spesso di tumori, a seguito della loro pregressa attività lavorativa; ad esempio soggetti poi deceduti di mesotelioma pleurico dopo anni di lavoro alle funivie o all’Acna di Cengio; a proposito di questi ultimi, ricordo anni fa una vedova che mi chiese come mai il marito avesse contratto questo tumore inesorabile; alla mia osservazione che egli aveva per anni lavorato all’Acna, lei obiettò subito che lui aveva sempre avuto la mansione di impiegato, e non di operaio; come se quindi per il fatto di essere in ufficio dovesse risultare immune da tutto…cosa mai non facevano credere ai lavoratori…e anche adesso!
Ma poi perché mai un diritto dovrebbe escludere l’altro? Perché, soprattutto, l’art.1 dovrebbe escludere il 32? E anche l’art.9, sulla preservazione del patrimonio ambientale e architettonico? Dove sta scritto che l’art.1 domina su tutti gli alti? Solo perché è il primo articolo della costituzione? Con l’introduzione dell’uso spinto delle energie rinnovabili, lavoratori e cittadini godrebbero sicuramente di questi 2 diritti fondamentali, e i primi, inoltre, di più numerosi, nonché qualificati, posti di lavoro, con l’economia della nostra provincia che diverrebbe sicuramente più competitiva, oltre che più sostenibile. Tirreno Power nel suo progetto, soddisfatto dalla Regione, di ampliamento a carbone, getta”fumo”(di carbone) negli occhi parlando anche di”ben”180 MW a rinnovabili (contro i 460 del nuovo gruppo e i 660 dei 2 vecchi gruppi a carbone che continueranno per anni ancora a funzionare imperterriti, incuranti dell’autorizzazione AIA); ma non vuole assolutamente sentir parlare di progressiva metanizzazione della centrale, affiancando al già presente gruppo a metano da 760 MW altri in sostituzione dei 2 obsoleti a carbone, come invece si vorrebbe proporre per la centrale Enel di la Spezia, sotto la spinta soprattutto dell’IDV locale; si vede che per Di Pietro il carbone di Vado è già ora molto più”pulito” di quello di Spezia, come del resto, in pratica, lui stesso ha affermato in un convegno sulle energie rinnovabili tenutosi recentemente a Genova Solo l’assessore regionale allo sviluppo economico Guccinelli lunedì ha parlato di energie rinnovabili, in particolare ha affermato che la regione sta spingendo sempre più sull’eolico; un’autentica voce nel deserto. Obrobrioso il discorso del sindaco Orsi, che ha evocato l’ennesima cementificazione edilizia sulle ormai probabili aree ex-Fac, ha rimpianto la mancata (almeno per ora) cementificazione dell’area della Margonara, e ha infine deplorato i ritardi della costruzione dell’Aurelia-bis, tacendo ovviamente sul progetto ben più sostenibile del casello di Albamare dell’Ing. Forzano.
I soloni dell’imprenditoria e del mondo sindacale, all’unisono, hanno parlato del coraggio di dire SI a certe grandi opere, dato che per loro sarebbe molto più facile invece dire NO, paventando presunti rischi ambientali e sanitari solo per avere più seguito e popolarità tra la gente.
Pensare che invece, e soprattutto di questi tempi, contraddistinti dalla sempre maggiore penuria di posti di lavoro, è molto più difficile e impopolare dire NO; e di fronte a certi roboanti ma devastanti (per ambiente e salute) progetti, che non assicurano nemmeno numerosi posti di lavoro, col rischio inoltre di depauperarne altri, di fronte al baratto salute-lavoro e al ricatto occupazionale, io continuerò sempre a dire NO!