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| 19 febbraio 2012, 16:48

Lettere alla Redazione: Occupazioni e sviluppi (in)sostenibili

Egregio Direttore mi sono deciso a scriverle perché da qualche mese ho rilevato un costante e ripetuto "indirizzo unico" nel contenuto degli articoli pubblicati dal Suo giornale. Io sono un lettore della Sua testata che trovo interessante ed apprezzo molto (pur non condividendone sempre totalmente il contenuto) i redazionali di Mario Molinari

Lettere alla Redazione: Occupazioni e sviluppi (in)sostenibili

"Dopo la lettura di oggi ho però deciso di esternarle il mio pensiero. Non so se lo riterrà utile, essendo io solo un cittadino qualunque, ma spero di sì.

Veniamo alle ragioni della mia decisione.

Oggi ho letto alcuni articoli sulla vicenda OCV e ritengo che un punto di vista obiettivo non possa non considerare la mancata presenza, di fatto, dell'Amministrazione Vadese nel sostegno all'occupazione sul proprio territorio.

Contrapporre le questioni ambientali alla necessità di avere un lavoro ritengo sia un atteggiamento distruttivo che non porta risultati. Io condivido gran parte delle preoccupazioni derivanti da un potenziamento della centrale Tirreno Power e ho grandi dubbi sull'impatto della piattaforma Maersk ma pretendo da chi porta argomentazioni valide contro questi progetti, ed ha responsabilità di governo del territorio, di avere sul tavolo proposte alternative serie che bilancino la perdita di occupazione e di risorse economiche.

Non servono i proclami generici, occorre concretezza. Ebbene questa concretezza non si vede. Dopo quasi tre anni di Amministrazione del Sindaco Caviglia, ho visto letto e ascoltato tante prese di posizione contro ma non ho mai visto presentare progetti alternativi di sostegno economico per il territorio.

Ho invece potuto constatare direttamente una assoluta non conoscenza delle realtà produttive ivi esistenti, delle problematiche di futuro che hanno, unitamente ad un evidente scarso interesse concreto anche quando le problematiche venivano portate all'attenzione dell'Amministrazione.

Io non voglio barattare la salute con il lavoro ma chiedo e pretendo che insieme ai no si diano alternative concrete, altrimenti preferisco battermi per confermare i progetti previsti, lottando per ottenere le migliori condizioni possibili di miglioramento dell'impatto sul territorio e di ritorno al territorio di vantaggi economici.

Quanto a OCV in particolare, rimuovere gli impedimenti giuridici e dare attuazione all'accordo del 2008 non spettava ad OCV o a Tirreno Power che a quell'accordo erano stati costretti dalla pressione del territorio, ma alle autorità che quel territorio governano. Leggo poi un attacco al progetto di car sharing (definito pacco) ed alla proposta biciincittà ed allora sono sbottato. Sinceramente, vista la posizione prevalente espressa dalla Sua testata, mi aspettavo un articolo che elogiasse lo strumento e criticasse la scarsa educazione ambientale del territorio, invece ho trovato l'esatto opposto, stigmatizzare dei progetti che hanno una valenza notevole nella proposta di cambiamento della mentalità consumistica al solo scopo di attaccare una amministrazione comunale.

Che Savona non sia Ferrara è evidente ma è altrettanto evidente che l'uso della bici in ampie aree cittadine e di periferia non solo è possibile ma è addirittura auspicabile. Ho ricordi di infanzia degli operai che si recavano al lavoro in bicicletta nelle fabbriche ormai scomparse ed ancora oggi ho mio genero che, condizioni meteo permettendo, si reca al lavoro con tale mezzo pur abitando ad Albissola Superiore e lavorando (non si sa ancora per quanto) nel porto di Vado Ligure. Stessa cosa si può dire del car sharing che è progetto da pubblicizzare e sostenere invece di affossare.

Per concludere, ritengo non si possa sostenere la tesi ambientale senza affiancare ad essa comportamenti e proposte tese a costruire alternative. Credo occorra prendere esempio da Greenpeace che affianca alla sua efficace lotta per l'ambiente, la concreta costruzione di proposte sostituitive, anche industriali.

La ringrazio per l'attenzione.

Elio Sibaldi

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Carissimo Elio,

è con grande piacere che riceviamo questa sua, frutto di una lettura e di un ragionamento attenti, che è inutile sottolineare. Mi consenta di risponderle partendo dalla fine. Definirla auspicabile sarebbe il minimo per la speranza che progetti di trasporto sostenibile e condiviso prendano piede anche nel nostro gommoso Paese dell’automobile.

Un retaggio storico di tale portata non si sradica però piazzando automobili con un’adesivo o parate di biciclette lasciate ad arrugginire alle intemperie. Sono iniziative lodevoli, ma che andrebbero adeguatamente preparate, non dico a mezzo referendum, ma perlomeno sensibilizzando l’opinione pubblica con calma ed il più possibile sulla cifra civile di novità come queste.

E questo non viene svolto se non in modo raffazzonato e delegato a qualche depliant o articoletto sui giornali. Non crede?

Prenda dieci passanti cinquantenni a caso in Savona e provincia e chieda loro di spiegarle i vantaggi del car sharing. Probabilmente neppure sapranno di che si tratta. Questo è il dato, purtroppo.

Quante biciclette a noleggio ha visto circolare, onestamente? Abbiamo provato, senza valore statistico, a consultarci in redazione: ebbene, nessuno di noi ha MAI visto una persona utilizzarle, tranne l’assessore.

Un qualche errore nel manico dunque è ampiamente supponibile.

Purtroppo nel nostro paese i progetti di car sharing e di bike sharing sono incentivati all’origine. Ciò fa si che la politica sia a sua volta invogliata a piazzare qualcosa di pulito e largamente condivisibile per godere di una vetrina promozionale di inaugurazioni e visibilità spesso fine a sè stessa o al voto.

Vero è che questi progetti - poi - vanno a morire.

Mi permetta una digressione: in Guinea Bissau fu messo in atto uno splendido progetto: un uovo di Colombo. Piccoli mulini a vento sollevavano l’acqua dai pozzi per evitare un massacro fisico a chi doveva approvvigionarsene.

Non sto a citarLe la ONG italiana che mise in piedi la cosa, stendendo lenzuola intere di rapporti e resoconti con tanto di video e fotografie. Dopo pochi mesi di esercizio, alcune parti meccaniche delle pale e delle pompe iniziarono a guastarsi.

Gli autoctoni non avevano abitudini né materiali per la riparazione. Il progetto era considerato concluso, e dopo poco più di un anno gli abitanti dei villaggi tornarono a prelevare acqua con i secchi e le corde, a mano, come prima.

Vista in diapositiva l’iniziativa era cosa bellissima, vista sul posto, un fallimento prevedibile.

Come prevedibile che in un luogo di mare e di vento le bici, i supporti, i congegni si arrugginiscano e si guastino più che altrove. Il mesto risultato è sotto i nostri occhi, ed è lì a parlare di molte altre iniziative lanciate e abbandonate. Parchi giochi in luoghi talmente improbabili da esser deserti, la smania di ri-costruire un prolungamento quando basterebbe mettere in ordine quello che c’è, voler migliaia di croceristi per poi far loro trovare cessi luridi nel museo del Priamar e una città intasata con una viabilità che non c'è. Potremmo andare avanti per pagine intere...

OCV è un’altra cosa, ma mi dica: se ci fosse stata una pur labile volontà politica, industriale o sindacale di tirare una linea a media o alta tensione per alimentare lo stabilimento a costi inferiori, secondo lei, non la si sarebbe costruita?

L’accordo risale al luglio 2008, dopodichè ci sbaglieremo ma c’è la marcata sensazione che tutti se ne siano fregati, sino ad oggi e col risultato che vediamo.

Se le organizzazioni sindacali sapevano che quell’allacciamento avrebbe dato una chance in più alla vita dello stabilimento, quali pressioni hanno fatto affinchè si realizzasse? E i politici (anche e soprattutto quelli di prima e di lungo corso)?

Sembra di vedere la bicicletta arrugginita, prima con qualche acciacco, poi abbandonata e infine, gettata a lato strada. E non vuol dire esser dietrologi notare la veemenza con la quale vengono portati affondi alle amministrazioni locali che - certo - avranno le loro colpe, ma sono arrivate l’altro ieri, quando la “nave” già imbarcava abbondantemente acqua.

E perchè affondava?

Una mezza risposta forse semplice e darwiniana ce l’avrei: perchè quel tipo di industria non è fatta per stare lì. Come l’Ilva non è fatta per stare in spiaggia a Genova, come Marghera non può stare accanto a Venezia.

Voraci follie del dopoguerra quelle che stiamo tuttora pagando.

A Lei pare normale una fabbrica di aerei sul bagnasciuga? Forse perchè non sono di qui, ma a me no. Per niente.

L’industria pesante ha bisogno di spazi pianeggianti ove espandersi e - ahimè - ove distribuire “in più aria possibile” i veleni che quasi inevitabilmente emette.

Perchè se con la scusa dell’Occupazione impiantiamo un petrolchimico o una centrale a carbone in mezzo alle case, i morti si posson nascondere in molti modi, ma ci sono. E tanti.

Il prezzo da pagare ad un posto di lavoro non può essere la vita umana, la sofferenza indicibile dei malati di cancro, l’asma nei più piccoli e molte altre patologie che mano a mano stanno emergendo.

E poi, mi dica: perchè il carbone e non il metano? Per occupare tre ruspisti in più? E' questo il futuro nel 2012?

Nella rossa Emilia Romagna non ne troverà una di centrale a carbone. Sulla costa hanno capito da oltre un secolo la straordinaria risorsa turistica che è il mare, e ci vivono tutto l’anno.

Ravenna a parte, non ci sono industrie inquinanti o quasi, e il tenore di vita è assai migliore del nostro. Pensi a Ferrara e alle sue biciclette.

Giustamente ci scrive, prima di dire un no occorre una controproposta. Ma se qualcuno venisse a casa sua a proporle ad esempio di verniciare le pareti con tinta fluorescente e radioattiva - magari per risparmiare 1/2 watt su una misera lampadina, lei quale controproposta avrebbe?

- Si, purchè non sia radioattiva?

- Si purchè non faccia luce anche di notte?

No, che diamine, è una proposta sballata e basta.

Penso alla Bombardier. Prodotti d’avanguardia ad impatto quasi zero. Lavoro senza inquinare. Penso ai vantaggi dell'industria manufatturiera rispetto a quella chimica. Non si è sbagliato già abbastanza? Penso all’impiego che l’elettronica ed il terziario potrebbero dare, in una terra chiusa tra gli appennini e il mare. Penso alle spiagge invernali, magari riscaldate con l’acqua della centrale, penso allo sport, all’arte, alla cultura e a tutti i luoghi che - con intelligenza e visione - di questo vivono, e vivono bene.

Sa che se un turista, a ponente, d’estate, cerca a noleggio un pattìno, una moto d’acqua, una barchetta a vela, non c’è verso di trovarne? E non è che uno degli esempi della "visione" turistica, improntata anzichè allo sviluppo, al saccheggio immediato. Lo chieda ad un turista, a caso. 

Va da sè dunque, che finchè l’opinione pubblica verrà tenuta all’oscuro di altre strade, per insipienza, abitudine o mazzette, questo è quello che ci terremo.

Una auspicabile fase di transizione può esser dolorosa, inutile negarlo.

Ma se lei prova a riavvolgere il nastro del tempo, e si immagini la bellezza di questi luoghi senza la devastazione della quale sono vittime, scoprirà che accettare ancora follie spacciate come progresso, lungo una costa baciata dalla fortuna di essere ad un'ora e mezza di macchina o di treno da due delle principali città italiane, e dove  - nonostante tutto - milanesi e torinesi sono disposti a farsi ore di code per venirci, è autolesionismo.

E quando diviene inconsapevole, prende la catastrofica forma mentale della torta di riso.

Con un saluto Cordiale, e davvero, tanta buona fortuna.

 

PS: Quanto agli editoriali "a senso unico" crediamo che ci sia un'informazione sufficientemente allineata per non tentare in buona fede una piccola compensazione. E forse, tutto quanto sopra, dipende anche da questo.


(In copertina: Dario Ballantini "Ancora vivo" Olio su cartoncino "il busto di Ancora vivo sembra invece emergere, con la terribilita' notturna e felina degli occhi citrini, da un accumulo di anonimi palazzi" Luciano Caprile, 2004)

Elio Sibaldi - Mario Molinari

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