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| 16 dicembre 2011, 08:30

Ubik: incontro con l'autore e presentazione del libro "All’ombra delle ciminiere. 40 anni di carbone e tumori a Savona"

Oggi venerdì 16 dicembre, alle ore 18, presso la Sala Rossa del Comune di Savona. Incontro con l’autore Giovanni Borriello. Sarà presente Angelo Bonelli, presidente nazionale della Federazione dei Verdi. Introduce Franco Zunino di PRC, ex Assessore Regionale all’Ambiente

Ubik: incontro con l'autore e presentazione del libro "All’ombra delle ciminiere. 40 anni di carbone e tumori a Savona"

Saranno presenti diverse associazioni e partiti che sostengono la battaglia contro il carbone.

La centrale termoelettrica di Vado Ligure, entrata in funzione nel lontano 1970, non ha mai smesso di far parlare di sé negli ultimi quarant’anni a causa degli allarmi e delle critiche sollevati da medici, scienziati e politici riguardo alla fuoriuscita di elementi inquinanti dai fumaioli. Una questione calda, scomoda che ha spesso preso le sembianze di mera diatriba politica, ma che nella realtà coinvolge le vite di migliaia e migliaia di abitanti della provincia di Savona che respirano un’aria secondo molti inquinata all'inverosimile.

Il libro cerca di ricostruire, con un linguaggio accessibile a tutti, i quarant’anni di storia della centrale, delle lotte contro l'inquinamento, delle ricerche atte a rilevare le quantità di inquinanti, delle rassicurazioni sulla salubrità dell’aria, delle incredibili contraddizioni tra schieramenti politici avversi.

Un'opera che, per la prima volta, porta il lettore a comprendere e conoscere tutte le varie fasi di quel “problema Vado” che ha imparato a conoscere negli ultimi anni grazie al massiccio interesse dei media per l'argomento. Dalla gestione ENEL all’attuale società Tirreno Power, dagli anni Settanta agli albori del nuovo millennio; una carrellata di informazioni ricostruite cronologicamente e supportate da documentazione giornalistica, scientifica e culturale in genere.

Per decenni è stato detto ai savonesi che ‘va tutto bene’, ‘non ci sono pericoli…’

Ora i dati ci sono, e parlano per la Provincia di Savona di migliaia di morti premature in più rispetto alla media regionale (1.356 decessi in più fra i maschi e 1.308 nelle femmine in soltanto 16 anni), con percentuali che peggiorano quanto più ci si avvicina alla centrale, in particolare per i tumori al polmone, vescica e laringe, le patologie cardiovascolari come infarti, emorragie cerebrali, ictus.

Migliaia di morti in più a Savona, senza che nessuno degli amministratori abbia mai provato a fornire una spiegazione.

La centrale ha iniziato a funzionare negli anni ’70 in via sperimentale, e continua a funzionare ancora oggi, pur non essendo allineata alle normative in materia e benché sia ancora priva della obbligatoria Autorizzazione Integrata Ambientale. Nonostante tutto ciò, i manager di questa centrale hanno chiesto e recentemente ottenuto l’ampliamento di potenza, nonostante la contrarietà del territorio e della popolazione (tutti i 18 Comuni interessati hanno deliberato contro, oltre che partiti, associazioni, personalità locali, ordine dei medici, curia), una cittadinanza che non vuol veder compromessa la sua importante vocazione turistica e agroalimentare.

 

Brani scelti dal libro:

“…nel 1977 iniziò la vera e propria sperimentazione a regime massiccio del carbone, Enel-Enti locali sottoscrissero un apposito accordo. Si sarebbe dovuto trattare solo di 8 mesi di sperimentazione (2 mesi per gruppo elettrogeno), poi si sarebbe deciso il da farsi.

Nell’accordo d’intesa era anche specificato che nel caso del superamento dei limiti di legge degli inquinanti ci sarebbe stata una immediata cessazione dell’esperimento. Subito la popolazione insorse (si parlava dell’immissione in atmosfera di ossidi di azoto, ossido di zolfo e altre polveri): nel giro di pochi anni si poté constatare che la centrale era sprovvista di impianti di desolforazione e gli elettrofiltri erano insufficienti a trattenere le polveri…

…1970 Da una ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche Americane, eseguita per conto dell’Air Pollution Control Administration (poi EPA) e pubblicato in un articolo sotto il titolo “Abbattimento della emissione di ossidi di zolfo in fonte di emissioni stabili”, si rilevava che “tecnologie commercialmente provate per il controllo degli ossidi di zolfo dei processi di combustione non esistono…”

…si denunciava l’assoluta mancanza di abbattitori per l’anidride solforosa (in assoluto la sostanza più pericolosa per la salute) e l’inadeguatezza dei filtri elettrostatici per il trattenimento del particolato che non fermavano le particelle di diametro submicron (proprio le più pericolose); il carbone in combustione produce moltissime polveri, a differenza dell’olio, e gli alveoli polmonari umani assorbivano qualcosa come il 50%-80% di particelle tossiche e cancerogene con diametro submicron (tra queste il piombo, l’antimonio, l’arsenico, il cadmio, il selenio, il mercurio, il cromo, il berillio, lo zinco, il nichel)…

…il manualetto “Conoscere per decidere” aveva suscitato molte polemiche nei mesi di bella stagione del 1981. Il libello informativo per la popolazione sintetizzava i dati dei controlli sui fumi e gli scarichi Enel; fin da subito iniziarono a girare voci tra membri dei diversi schieramenti di minoranza, che riferivano sostanzialmente che erano state pubblicate delle madornali falsità e che le amministrazioni, alleate con i magnati del settore, s’erano decise a prendere la gente per i fondelli con lo scopo di diffondere rassicuranti dati sulla questione della centrale…

…L’attacco più duro si ebbe nel momento in cui si accusò direttamente l’Enel di aver controllato i rilevamenti e di averli conseguentemente contraffatti; tutto ciò che era stato scritto a proposito lo si doveva considerare una spavalda falsità. Si chiese così un riesame dei dati forniti dall’Enel da parte di un ente esterno,  e i valori desunti dai rilevamenti sarebbero stati “più che doppi rispetto a quelli riferiti nella pubblicazione” e maggiori dei valori massimi ammessi dalle nazioni straniere. Tutta la parte di rilevamento sarebbe stata gestita direttamente dall’Enel senza controlli…

…Nel 1982 nelle acque circostanti la discarica abusiva di ceneri Enel a Bastia d’Albenga, di cui era stata ordinata la rimozione per scongiurare altri problemi, vennero trovate tracce di cromo e vanadio (elementi chimici tossici)…

Molti altri camion arrivarono a Cavallermaggiore in occasione della costruzione di cento metri di una strada nuova, poi ricoperta di terreno, e per riempimenti di vari capannoni.

Si disse ancora che lungo la provinciale per Sommariva c’era un deposito di grandi dimensioni che si credeva di materiali inerti, rimasti a cielo aperto per molto tempo per lavori di riempimento; alla fine si seppe che erano le ceneri di Vado…

…I tumori 1976 al 1981 sarebbero aumentati infatti da 734 a 873, benché in cinque anni la popolazione fosse diminuita di più di 4000 abitanti…

Il 5 luglio 1984 venne fuori che la Cta (Commissione Tecnica Ambientale ligure) affermava che le polveri erano superiori ai limiti di legge così come l’anidride solforosa la rappresentanza radicale della Camera chiese ai vari ministri competenti (del trasporto e l’energia) di sapere “come mai, alla luce dei risultati dell’indagine svolta dalla commissione tecnica ambientale ligure, la sperimentazione non sia stata sospesa”

Da alcune indagini emersero documenti che dimostravano possibile un collegamento tra l’inchiesta Teardo e le speculazioni lucrose riguardanti gli impianti di Vado-Quiliano. I giudici ebbero tra le mani una cartella dove erano evidenti progetti di speculazione sulla realizzazione del consorzio e del trasporto e lo stoccaggio del carbone a Vado…

Ai primi di dicembre del 1984, “Italia Nostra”, ecologisti del Moda, partito radicale ed altre associazioni per la difesa dell’ambiente mandarono un esposto alla magistratura per denunciare la presenza di una discarica abusiva dove venivano seppellite le ceneri della centrale nei pressi del pontile Enel, sulla spiaggia ( innanzi ai bagni “Au scoeggiu”). La cosa non si era ripetuta perché alcuni membri delle associazioni si opposero sul posto e le ruspe e gli autocarri non si fecero vedere all’opera.

Il reato, poi, rientrò in amnistia “L’Enel non può rifugiarsi dietro le solite giustificazioni, di ignorare cioè la destinazione delle scorie, a meno che non sia in grado di dimostrare, con prove, di essere stata ingannata dalla cooperativa che ha vinto l’appalto del trasporto delle ceneri”…

Come misura di sicurezza, l’Enel alza le ciminiere: non per questo evidentemente anidride solforosa e polveri di carbone vengono eliminate. Anzi, si allarga l’area di contaminazione”.

…Ci si poneva una domanda ben precisa: dove diamine andavano a finire le decine di autocarri che quotidianamente uscivano dalla centrale cariche di cenere? Si diceva che qualcuno di quei camion era autorizzato a raggiungere il basso Piemonte dalla Provincia di Alessandria. Ma visto che in passato erano state scoperte varie discariche abusive…

…l’Enel non faceva cenno alla costruzione o all’installamento di impianti di desolforazione per l’abbattimento delle emissioni di SO2 che lo stesso Ricino confermava “presenti e rilevate soprattutto nel periodo invernale” ma “in parte dovute alle emissioni dei riscaldamenti civili. In atmosfera sappiamo che ci sono, ma non ricadono”

…Mentre i dibattiti infervoravano, dal cielo scese ancora una volta qualcosa… In quei giorni più volte le piogge annerirono un po’ tutto ciò che era esposto all’aria aperta. La maggior parte delle madri erano preoccupate per la salute dei figli. Ci fu chi dovette chiamare delle imprese di pulizie per ripulire piazzali e androni. E ovviamente le polveri filtrarono anche nelle stanze…

anche tramite le lenzuola stese fuori, ritirate completamente deturpate.

Ci fu un incredibile corsa alla macchina da scrivere; il Comune venne sommerso di lettere di protesta e di sdegno, così come la Procura della Repubblica e la Pretura.

I più rabbiosi erano i lavoratori dell’Enel abitanti in zona:

Bisognerebbe trasferirsi come fecero gli amministratori di Vado qualche anno fa. Dopo aver spianato la strada all’Enel e rassicurato la popolazione sulla salubrità dell’impianto a carbone, traslocarono in massa sulle colline di Albissola Marina, fra mimose ed eucalipti balsamici” affermò, rabbioso, uno di loro ai giornalisti;

e nella zona scoppiò una sorta di psicosi: “Corrono le voci più assurde e preoccupanti. Abbiamo diritto ad una informazione precisa sui pericoli costituiti dalle emissioni della centrale”.

Si diceva che l’acqua per irrigare le fasce era contaminata e per quella ragione gli ortaggi o morivano o crescevano a stento…

Continuavano, intanto, gli incontri pubblici. Si discuteva sulle mille tonnellate al giorno di ceneri che non si sapeva che fine facessero. Tutti volevano sapere dove venivano smaltite e “i nominativi delle ditte che le hanno acquistate o ricevute, gli impieghi che tali ceneri hanno avuto, l’elenco delle ditte autorizzate e appaltatrici, con l’Enel, del servizio di trasporto dei residui”

1986: Il professor F. Ippolito, membro del comitato energetico del PCI di Roma, disse che una centrale a carbone di 1000 Mw provocava ogni anno almeno 25 decessi, 60 mila casi di malattie respiratorie e danni alle cose per dodici milioni di dollari.

…1985, circa 40.000 persone di dodici comuni calabresi (il 52% degli aventi diritto di voto) si recarono alle urne per un referendum indetto da Lega Ambiente, dall’Arci e dagli amministratori locali, secondo dopo quello organizzato precedentemente dalla Regione. Il 97% dei votanti si espresse contrario alla costruzione di una megacentrale a carbone da 2.640 Mw a Gioia Tauro. Benché visto come un grande atto di democrazia e libertà in una terra in cui la mafia deteneva buona parte del monopolio sugli appalti, una certa parte politica non si lasciò sfuggire l’occasione di rilevare che si rinunciava a creare nuovi posti di lavoro (la solita giustificazione per tentare di costruire l’impianto). L’opera non venne mai realizzata…

... a Lodi si protestò contro un nuovo impianto a Tavazzano; a questo proposito il presidente della Regione Lombardia spiegò che non si fidava delle promesse riguardo alla tutela ambientale perché “l’Enel non sta ai patti”: “I tentativi che si fanno per discutere come attuare le condizioni di salvaguardia purtroppo vanno a vuoto; tu cerchi di parlare e loro intanto vanno avanti con i lavori come niente fosse”

Tra il 1980 e il 1984 venne costruita la grande centrale Enel (ad olio combustibile) di Porto Tolle, in Veneto; nel 2006, dopo lunghe e complicate peripezie giudiziarie, si ebbe la condanna di alcuni dirigenti Enel a seguito delle denuncie di alcuni gruppi ambientalisti veneti riguardo all’alto tasso di inquinamento che si sosteneva fuoriuscisse dall’impianto…

Estate 1986: il “Dipartimento protezione ambientale e salute dell’uomo” dell’Enea, il Cnr e l’università di Pavia iniziano a tenere sotto sorveglianza Vado, Quiliano e i comuni limitrofi sarebbe ben presto venuto il momento di esaminare le conseguenze delle emissioni sul terreno, e quindi inevitabilmente anche nelle acque dei torrenti e nei pozzi, nelle falde acquifere, sulle colture che erano disseminate nelle valli di Vado e Quiliano…

In risposta si fece sentire anche la Dc che condannò al solito l’inquinamento (144 tonnellate al giorno di polveri che fuoriuscivano dalle ciminiere) dei due gruppi a carbone esistenti e propose la ristrutturazione dei quattro gruppi in funzione, abbandonando il carbone per il ben più pulito metano…

... le dichiarazioni espresse dall’Enea nel proprio rapporto sull’inquinamento a carbone delle centrali elettriche, secondo la Disp (Direzione sicurezza e protezione dell’Ente) le conseguenze principali e più drammatiche erano: le piogge acide che ricadevano anche a diversi chilometri di distanza dal punto di immissione dei gas di scarico in atmosfera (con conseguente insorgenza di patologie acute e croniche all’apparato respiratorio, almeno nell’essere umano), la produzione di 8 milioni di tonnellate annue di polveri conseguenti alla combustione del carbone per 1000 Mw di resa (con specificato che per il tempo “non esistono tecnologie che ne limitino le emissioni”) e di 7 metri cubi annui di ceneri per ogni 1000 Mw le quali avrebbero avuto un contenuto di “alcune migliaia di tonnellate di sostanze tossiche, tutte nella lista di sostanze tossiche edita dalla Cee”

…A Vado però, sempre l’Enea, affermò che il rischio inquinamento era pari a zero o quasi. C’era qualcosa che non tornava; Torcello disse che ci si trovava di fronte “ad un atteggiamento schizofrenico dell’Enea”, la quale in un caso dà un giudizio negativo e nell’altro, invece, assai ottimista…

…A maggio una petizione-esposto, firmata da cinquanta persone, e due documenti sindacali (redatti dall’assemblea dei lavoratori della centrale e dalle segreterie provinciali di Fnle-Cgil, Flaei-Cisl e Uilsp-Uil), furono inviati alla Procura della repubblica, al Sindaco, alla Guardia di Finanza, ai carabinieri e all’Ufficio d’igiene di Savona. Motivo principale: verificare se nell’impianto erano in vigore “le più elementari norme anti-inquinamento”.

Si denunciava anche la continua fuoriuscita di ceneri tossiche dai fumaioli, che avveniva di solito di notte, cosicché nessuno se ne sarebbe potuto accorgere, salvo poi ritrovarsi all’alba a dover ripulire macchine e balconi…

la solita infinita questione già descritta più volte. I sindacati poi scrissero di come i lavoratori venissero trattati…

si pregava, in via definitiva, i sindaci dei due comuni di voler essere una buona volta incisivi sulla questione, di smetterla di predicar bene e razzolar male (“non è più possibile ergersi a paladini della salute pubblica e poi permettere che si continuino ad utilizzare al massimo gli impianti, pur nelle peggiori condizioni”)..

…1988, presso il palazzetto dello sport di Spotorno, si svolse il convegno: “La centrale Enel di Vado Ligure: analisi ed effetti sul territorio”. I professori Scalia, Mattioli, Marano, Falqui e Cortellessa – scienziati della Commissione Scientifica convocata da Spotorno – dopo approfonditi studi e dopo aver valutato il gravissimo impatto ambientale della Centrale a carbone in pieno centro abitato – che venne per questo soprannominata “Centrale in città” – proposero l’immediato depotenziamento dell’impianto e la sua completa metanizzazione; questo tenendo anche presente che 2/3 dell’energia prodotta erano esportati fuori della Liguria, che subiva però tutto il problema ambientale. Fu la prima posizione ferrea contro il progetto di ampliamento a carbone…

Nel 1990 sotto la spinta dell’opinione pubblica e grazie al Convegno di Spotorno del 1988, ormai nota la gravità dell’impatto ambientale della combustione del carbone sulla salute e sull’ambiente, anche i Comuni di Vado (il 17 agosto del ’90) e di Quiliano (il 30 agosto ’901) decretarono, con voto unanime, per il depotenziamento e per la completa metanizzazione della centrale di Vado2.

In un manifesto del 6 settembre affisso in città dall’amministrazione si poteva così leggere:

I gruppi consigliari PCI, DC, PSI e VERDI

a breve distanza dalla Delibera Consigliare dei 17/8/1990 sottoscritta dalla stragrande maggioranza dei Consiglieri, con la quale si prendeva ferma posizione contro il progetto di ristrutturazione presentato dall’ENEL, perché di fatto esso non si presenterebbe come un semplice intervento di risanamento, ma come un progetto di radicale modifica dell’impianto esistente con ulteriore e gravi deturpamenti all’ambiente inteso nelle sue componenti unitarie (atmosfera, ambiente idrico, suolo, sottosuolo, vegetazione, ecosistemi, salute, rumori, vibrazioni, radiazioni, viabilità, abitato), e perché aggraverebbe inverosimilmente il traffico veicolare e imposterebbe la costruzione di enormi impianti poco affidabili per l’abbattimento delle emissioni a ridosso dell’abitato;

a seguito delle notizie sentite circa il Documento pervenuto per la centrale di La Spezia, a seguito delle notizie pervenute dal Ministero sulle conclusioni dei Gruppo di Lavoro e della firma di tale operato da parte dei Ministero dell’Ambiente;

giudicando la situazione grave e pericolosa per le conseguenze che si verrebbero a ritrovare qualora tutto accadesse come imposto dal progetto ENEL; convinte della inattendibilità, pericolosità e della sempre più alienante soluzione imposta dall’ENEL, RIBADISCONO E SOTTOSCRIVONO nuovamente quanto contenuto nella Delibera, insistono nell’alternativa dell’alimentazione a metano e relativo depotenziamento e si impegnano a perseguire ogni via giuridica, amministrativa e politica d’accordo con altri Comuni dei comprensorio savonese, con la Provincia e la Regione Liguria.

La Liguria ha prodotto e produce energia elettrica in misura largamente eccedente la sua domanda mentre il suo territorio, il suo ambiente e Vado in particolare sono stati già fortemente danneggiati dagli inquinamenti legati alle produzioni industriali e alla generazione di energia elettrica. Tali azioni sono intese, naturalmente, non a danno dei livelli occupazionali e neppure contro disegni energetici, ma solo per far rientrare un progetto, giudicato assurdo, in un contesto urbano, per garantire sicurezza e tutelare l’interesse e la salute dei cittadini…

…tale posizione di depotenziameno e completa metanizzazione fu poi votata all’unanimità per ben 2 volte successivamente dal Consiglio Provinciale di Savona il 15 novembre 1995 e il 20 marzo 1998…

…la delibera n. 81 tra l’altro ribadiva che “la Comunità Scientifica Internazionale considera Il carbone (usato dall’ENEL, perché costa meno) un combustibile altamente inquinante e ritiene che se non si cambia modo di produrre energia, pur tenendo conto delle necessità del risparmio energetico, sia in grave pericolo, se non addirittura in forse, l’esistenza stessa dell’uomo. Tornando all’ENEL, ribadisce come quest’ultima voglia nuovamente proporre una centrale che funzionerà a carbone per decenni, si tratta di un Impianto ad alto rischio; Infatti verrebbero prodotte grandi quantità (tonnellate giornaliere) di residui solidi (ceneri, gessi, etc.) di difficile smaltimento. Ne deriverebbero effetti negativi all’ambiente, all’atmosfera, al suolo, al territorio, alla vegetazione. è necessario pertanto contrastare e respingere le manovre dell’ENEL. Le Amministrazioni locali e le popolazioni devono poter essere maggiormente sentite, quando chiedono Il depotenziamento della Centrale, l’uso dei metano e l’adozione delle tecnologie più avanzate ed idonee per un’adeguata ed efficiente tutela ambientale: soprattutto quando chiedono un serio studio sul VIA”…

…Nel Luglio 1991 la 7° USL di Savona pubblicò uno Studio dell’Università di Trieste del professor Nimis in cui, utilizzando i licheni come bioindicatori e bioaccumulatori, si dimostrava il gravissimo inquinamento del comprensorio savonese, in particolare per SO2 e polveri con alti valori di metalli cancerogeni quali cromo e nickel, di sicura origine industriale e di molte volte superiori al background naturale. Tale importante studio venne tenuto nascosto dagli Enti pubblici ma, ottenuto per vie traverse, venne poi divulgato e reso pubblico definitivamente con il successivo articolo su Biologi Italiani del Giugno 1992…

Nel 1992 la Provincia pubblicò uno studio in cui si dimostrava che le centraline ENEL “non sono a norma di legge”. I valori per SO2 e polveri risultavano del 30% inferiori rispetto a quelli misurati con strumentazione a norma di legge.

Il 17 gennaio 1993 gli Enti locali firmarono un protocollo d’intesa con l’Enel per evitare una ristrutturazione che avrebbe comportato la totale conversione a carbone degli impianti; tra le condizioni d’accordo ribadite anche dal Comune di Vado vi era la promessa di riduzione del 75% degli inquinanti, di costruzione di desolforatori per i gruppi 3 e 4, di impiego di olio combustibile a bassissimo tenore di zolfo per i gruppi 1 e 2 e l’arrivo di 500 metri cubi annui di metano.

Il 23 giugno 1993 venne emanata dal Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (d’intesa con il Ministero dell’Ambiente e della Sanità) il decreto governativo che stabiliva la ristrutturazione della centrale, della durata di circa 6-7 anni, con alcune certezze quali: un nuovo collegamento su nastro per il carbone tra la Nuova Italiana Coke e l’Enel entro il ‘96, l’allaccio alla rete dei metanodotti Snam,…

Dulcis in fundo, come era avvenuto dieci anni prima con il “caso Teardo”, uscì fuori che la centrale era entrata ancora una volta nell’orbita del malaffare politico: i desolforatori di Vado risultarono implicati nel giro di tangenti (PCI, DC e PSI) dell’inchiesta “Mani pulite” 4. Su “La Stampa” del 18 febbraio 1993 apparve un articolo nel quale si leggeva che l’ingegner Valerio Bitetto aveva raccontato al giudice Antonio Di Pietro che “l’impianto di Vado Ligure fa parte del giro d’affari spartito tra gli imprenditori” come “Cifa, Ansaldo,De Bartolomeis e COOP” ai quali furono appaltati “circa 870 miliardi di lavoro per la desolforazione delle centrali di Sulcis, Brindisi e Vado Ligure”. Sul “Corriere della Sera” del 28 febbraio apparve un articolo dal titolo “SPUNTA UN CONTO SVIZZERO DEL PDS – Un manager della Ferruzzi ai giudici: “Versai al partito 621 milioni di una tangente ENEL” e su “La Stampa” del 4 marzo un chiarimento locale: “l’inchiesta sul presunto conto svizzero ha chiamato in causa anche il piano di restrutturazione della Centrale ENEL di Vado. Secondo il manager del gruppo Ferruzzi, Lorenzo Panzavolta, l’impianto, insieme ad altri5, era oggetto di una trattativa che doveva portare nelle casse del PCI-PDS, della DC e del PSI una tangente miliardaria”.

Parve così spiegato perché fin dagli anni Ottanta – e prima – c’era così tanto interesse a realizzare l’ampliamento e a costruire il Megaterminal carbonifero. Proprio mentre uscivano sui giornali queste pesanti accuse, Vado e Quiliano cedettero alle intriganti iniziative dell’Enel.

La Presidenza del Comitato dei Garanti della VII Unità Sanitaria Locale – con una lettera del 12 febbraio 1993 inviata alla Provincia e alla Procura – denunciava la condotta vergognosa dei Comuni di Vado e Quiliano e della Provincia che non erano ancora riusciti a fermare la sperimentazione a carbone ed anzi erano favorevoli ad una ristrutturazione invece che una conversione totale al metano.

Nel maggio 1995 il Procuratore Maurizio Picozzi inviò avvisi di garanzia a tre esponenti del partito PCI-PDS e ad un addetto alle pubbliche relazioni dell’Enel. Il motivo? Stando alla Procura della Repubblica dal 1987 al 1992 il PCI-PDS “avrebbe ottenuto finanziamenti illeciti dall’Enel camuffati dall’acquisto, a prezzi maggiorati, di spazzi pubblicitari nell’ambito del Festival dell’Unità come scrisse “La Stampa”; e oltre a questo Picozzi contestava “la mancata denuncia alla presidenza della Camera dei deputati delle somme incassate”. Gli esponenti PDS respinsero le accuse, sostenendo che tra federazione provinciale PCI PDS e Enel non intercorsero mai rapporti di interesse. L’articolo su “La Stampa” evidenziava come “eventuali finanziamenti illeciti potrebbero essere un’onda di ritorno di accordi a livello nazionale (negli atti dei giudici di Mani Pulite compare la centrale Enel di Vado Ligure) ma nell’inchiesta non se ne trova cenno”. I tre del PCI-PDS rientrarono già nell’inchiesta sui finanziamenti illeciti tramite la Festa dell’Unità che interessavano l’Italgas.

Le centraline della rete ENEL non erano ancora a norma di Legge e la Provincia di Savona pubblicò uno studio sull’inquinamento ambientale utilizzando i dati di tale rete dando così un’immagine migliorativa – cioè falsa – della qualità dell’aria…

Quando nel 1999 l’ex Assessore Regione all’Ambiente Nicolò Alonzo (Democratici di Sinistra), nel PIANO REGIONALE RIFIUTI del novembre di quell’anno, progettò la combustione dei rifiuti della Liguria come Cdr (Combustibile da Rifiuti) nella Centrale a carbone di Vado, alla quale sarebbe seguita una produzione di diossina e metalli pesanti in pieno centro abitato spaventosa, a molti parve una follia o una provocatoria boutade. Ma non si trattava affatto di uno scherzo. Tutto venne bloccato dal tempestivo intervento del Ministero dell’Ambiente, ma è doveroso sottolineare – seppur triste e squallido – che già nel passato parte della spazzatura di Milano era stata bruciata “segretamente” nella centrale a carbone di Vado. Le Centrali a carbone sono le uniche, infatti, in cui si possono bruciare rifiuti solidi. Nell’allegato de Il sole 24 ore del 16 marzo 1996 era data per certa la combustione di rifiuti milanesi in centrale…

L’Enel e il Comune di Milano erano da tempo in trattative per costruire una centrale elettrica alimentata a rifiuti; a Milano, comunque, erano in fase di progettazione almeno due inceneritori nuovi. Tuttavia riguardo alla combustione di rifiuti si era decisamente andati oltre la pianificazione, in quanto venne scritto che “una buona quantità di spazzatura di Milano parte segretamente e viene bruciata in via sperimentale nelle centrali Enel a carbone di Vado Ligure (Savona) e Fusina (Venezia-Marghera)”.

Come documentato in un articolo del 23 dicembre 1998 de “Il Secolo XIX”, si era progettata la combustione a La Spezia e a Vado di vecchi copertoni della Pirelli. Le fumate nere che fuoriuscivano dalle ciminiere alla fine degli anni Novanta erano popolarmente conosciute come gli spurghi di tale combustione.

Ma che cosa avvenne veramente? Su “Il Secolo XIX” si poteva leggere: “L’Enel ha fatto un accordo con la Pirelli per bruciare nelle sue centrali i copertoni usati – un combustibile particolarmente calorico – a costo zero”

Con gli anni Duemila la società Tirreno Power è subentrata all’Enel nella gestione della centrale e a partire dal 2004 iniziò grandi lavori di riammodernamento dell’impianto, con la sostituzione di parte del gruppo a carbone con uno a metano. In occasione della cessione della centrale ai privati, il Ministero dell’Ambiente impose temporaneamente limiti molto restrittivi obbligando la combustione sui gruppi 1 e 2 non ancora ristrutturati di olio senza tenore di zolfo (STZ) in attesa di una rapida ristrutturazione dei gruppi 1 e 2 per il metano…

Nel 2001 si apprese che le centraline provinciali per i controlli dell’inquinamento atmosferico gestite da Provincia e ARPAL erano rimaste bloccate da ben 18 mesi a causa di un guasto al sistema informatico, rendendo così impossibile il monitoraggio ambientale.

Nello stesso anno, nel volume 14 del NOTIZIARIO della Società Lichenologica Italiana presso il Museo Nazionale di Scienze Nazionali di Torino, apparve un articolo del professor Massimiliano Lupieri dell’Università di Trieste:

“Biomonitoraggio della qualità dell’aria presso la centrale di Vado Ligure (SV) tramite licheni epifiliti come bioindicatori e bio- accumulatori”. ciò che allarmò fu la quantità di vanadio presente in concentrazioni elevate attorno alla fascia costiera; il vanadio è prodotto dal carbone combusto e le elevate quantità presenti in centro abitato andrebbero quindi ricollegate direttamente alla centrale…

Nel 2003 comparvero alcuni risultati riguardo all’inquinamento atmosferico. Nelle CONCLUSIONI della relazione dell’ARPAL del Dipartimento Provinciale di Savona intitolata “ Relazione riassuntiva sulla qualità dell’aria monitorata nel Comune di Savona” relativa agli anni 2000-2001 e 2002 si leggeva “La valutazione dei dati di qualità dell’aria, monitorata nel Comune di Savona nel triennio 2000-2003 rappresenta complessivamente una situazione positiva, infatti, non si riscontrano situazioni particolarmente critiche…”.

Ma nella relazione dell’ARPAL non comparivano assolutamente dati ed elaborazioni relative a molti importanti inquinanti che dovrebbero essere attentamente monitorati per legge dalla rete pubblica di centraline ed in particolare spiccava l’assenza delle PTS (polveri totali sospese). Il MODA fornì l’elenco delle misurazioni mancanti nella relazione ARPAL…

continuarono a funzionare completamente i gruppi a carbone, esempi di una progettazione ormai vetusta in quanto risalenti alle teorie in campo energetico datate circa mezzo secolo fa e da più di vent’anni del tutto fuori progettazione in tutto il mondo Occidentale

Il pubblico poté così appurare come dalle centrali a carbone fuoriescano non meno di 67 sostanze inquinanti (48 almeno portatrici di tumori e 55 in grado comunque di arrecare gravi disturbi al sistema nervoso);

le più gravi sarebbero l’arsenico ed il mercurio. Per quanto riguarda l’esposizione alle Pm 2,5 – e, ripeto, secondo i medici tutti i cittadini della piana ne respirano incontrollatamente quantità oscene ogni ora – basterebbero poche ore a loro contatto, inalandole o assorbendole in altro modo, per avvelenare il sangue e quindi gli organi. “I filtri in circolazione garantiscono soltanto l’eliminazione delle polveri grossolane, le cosiddette Pm 10, ma non delle micropolveri, le più insidiose per l’uomo”.

Ugo Trucco, presidente provinciale dei medici savonesi, chiarì che siccome l’Ordine dei medici deve garantire la tutela dei cittadini contro rischi di inquinamento, è ovviamente contro l’ampliamento della centrale…

La Commissione di Via nazionale ha dato il benestare all’ampliamento a carbone perché la centrale si trova in una zona già classificata dalla Regione come ‘inquinata’”. Così esordiva l’articolo de “la Stampa” del 21 dicembre 2008, firmato da Ermanno Branca, inerente alle decisioni della commissione che per più di un anno aveva tenuto in considerazione il progetto di ampliamento.

E l’articolo si rifaceva alle informazioni tratte dal verbale della commissione. Lo sgomento e l’incredulità, oltre che aver preso piede tra i Verdi e tutti gli altri gruppi di contestazione (e tra i medici…), lasciò decisamente di stucco i cittadini. “Che razza di motivazione è?” chiedeva qualcuno; oppure: “Allora è vero che è una zona inquinata!”.

Commenti dell’autore Giovanni Borrello:

Siamo la città dalle centotre ciminiere”; siamo la fucina che consente e ha consentito per decenni che il resto della Liguria, quella che conta, potesse essere conosciuta in tutto il mondo. Noi siamo la Liguria che non si vuol guardare, la cruda realtà che mostra ai forestieri quanto sia costata e continua a costare la libertà da inquinamento di tutti gli altri cittadini rivieraschi.

Siamo come i dimenticati dei manicomi, i disgraziati dei reparti mutilati di guerra, i malati delle corsie di oncologia. Siamo quelli che non si devono vedere. Non si deve sapere come viviamo, altrimenti… altrimenti verremmo ancora accusati di diffondere il panico tra la gente in maniera ingiustificata…”

mentre leggevo “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani, mi imbattei in una frase-illuminazione: “la storia esiste solo se qualcuno la racconta”. Ecco, molto semplicemente se non avessi scritto in appendice al libro anche la narrazione del quartiere dei Griffi prima di essere profanato e calpestato dalle ciminiere, della sua storia e di tutte le problematiche inerenti l’inquinamento della centrale nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza del quartiere inteso non come semplice insieme di palazzine attaccate all’impianto, ma come nucleo sopravvissuto di una contrada sacrificata da un certo tipo di politica per la causa del “progresso”, termine evanescente e ambiguo molto in voga quarant’anni fa come oggi…”

“…Oh, me lo ricordo bene com’era Vado ai tempi d’oro. Fai conto che quando ero ragazza prendevo il treno per andare da dei miei cugini di Noli, quando la ferrovia passava sulla costa, e appena si arrivava a Vado chiudevano tutti i finestrini anche se si moriva di caldo perché c’era un’odoraccio acre che non si poteva respirare. Me lo ricordo bene, sai. Per me i vadesi sono sempre stati un mistero, sembra che non si rendano conto della pericolosità della cosa…”.

Com. libreria Ubik

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