| Valuta la presenza di sostanze pericolose nei sedimenti marini in relazione agli standard di qualità ambientale (SQA), ossia soglie di concentrazione fissate dal D.Lgs. 152/06. |
Entità considerata | Dpsir | Fonte | Livello massimo di disaggregazione disponibile | Trend | Situazione |
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Concentrazioni | Stato | Sistema Informativo Reg. Qualità Acque Marine | Puntuale | | |
Commento all'indcatore: |
Sono ormai anni che Arpal effettua per la Regione il monitoraggio dei sedimenti marini, ma è solo dalla fine del 2009 che la normativa nazionale ha individuato gli standard di qualità chimici da utilizzare come soglie di riferimento. Per ognuno dei 26 corpi idrici marini della Liguria esiste pertanto a partire dal 2001 una buona serie storica di dati; occorre precisare che la scelta della Liguria è stata la più rigorosa: collocare i punti di controllo in condizioni "conservative", quelle cioè in cui i fenomeni di inquinamento risultano più accentuate: tale strategia è stata realizzata posizionando le stazioni davanti ai principali corsi d'acqua e in coincidenza di sedimenti pelitici (cioè a fine granulometria, che comporta un effetto "spugna" verso le sostanze inquinanti).
Per gli altri gruppi di sostanze, di esclusiva origine antropica, si tratta invece di un sicuro effetto di inquinamento dovuto all'uomo; per gli IPA (idrocarburi persistenti e potenzialmente tossici) i PCB e le diossine (sostanze organoalogenate con simili caratteristiche di durevolezza e dannosità) i valori più elevati si incontrano nelle province di Savona e Genova, in corrispondenza dei grandi centri portuali ed urbani; in questo caso risulta molto difficile, nonché probabilmente scorretto, puntare il dito verso una particolare causa (eh, si. Possiamo capirvi, ndr) in quanto l'origine di tali sostanze è sicuramente variegata e associata a molteplici aspetti della vita moderna e delle attività produttive (traffico, riscaldamento, produzione di energia, attività portuali ed industriali). Nel caso dei pesticidi come ad esempio il DDT è invece possibile almeno in via preliminare ipotizzare una causa prevalente, in quanto la zona più "calda" risulta il tratto di costa del ponente ligure più interessato dalle attività florovivaistiche. Nel caso di tali superi la normativa prevede che si debbano effettuare approfondimenti per verificare la natura della contaminazione (se pregressa o in atto), le sue cause e l'effettiva pericolosità per l'ambiente e per la salute umana; sotto quest'ultimo aspetto si hanno fortunatamente già alcune risposte rassicuranti: riguardo al rischio ecologico, le comunità dei macroinvertebrati bentonici (si veda l'indicatore M-ambi), campionati esattamente negli stessi siti monitorati per lo stato chimico, non mostrano sensibili effetti negativi; per quanto riguarda invece il rischio sanitario, il monitoraggio effettuato dalla Regione sui prodotti della pesca (sulla base di una norma comunitaria che ha definito soglie di concentrazione per metalli, PCB, IPA) non ha finora indicato criticità sulla catena alimentare. Il fatto che nelle acque le medesime sostanze non siano presenti o lo siano in maniera molto più blanda potrebbe indicare una natura relittuale dell'inquinamento dei sedimenti ma non si può certo generalizzare o fermarsi a valutazioni preliminari; occorre sicuramente approfondire in maniera sitospecifica attraverso l'analisi dei trend (variazioni temporali) e delle possibili fonti di contaminazione, attività che è già incominciata a partire dal 2011. |
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