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| 02 settembre 2011, 16:00

Peggiorano le condizioni dell’operaio ferito lo scorso luglio all’Italiana Coke?

Impossibile avere notizie, il silenzio circonda la cokeria

Peggiorano le condizioni dell’operaio ferito lo scorso luglio all’Italiana Coke?

Continuavano tutti a ripetere che era in condizioni stazionarie e non in pericolo di vita, quindi non grave, per quanto una lesione alla spina dorsale potesse essere definita tale.

Poi, intorno a Marco Delbuono, l’elettricista savonese di 31 anni, rimasto ferito precipitando da una passerella all’interno dell’Italiana Coke, il 21 luglio scorso, è calato il silenzio.

Diversi sono stati i tentativi di aver novità sul suo stato di salute ma nessuno pareva conoscerlo o avere il suo numero di telefono. Poi nei giorni scorsi all’improvviso la notizia che l’uomo si sarebbe aggravato, colpito da un emotorace sarebbe ricoverato in semi intensiva della rianimazione dell’ospedale di Savona. Allora tanto buone le sue condizioni non sono mai state? Anche a chi non si intende di medicina un ricovero in semi intensiva non suscita pensieri positivi.

Ma il dato che dovrebbe far riflettere è che, dopo la scia di incidenti, e dopo quest’ultima notizia, intorno allo stabilimento continui ad aleggiare uno strano silenzio…

Insomma, nessuno pare sapere più niente di niente e di nessuno. Che non è un gioco di parole ma una triste realtà.

Ovviamente una cokeria non è un parco giochi, ma non è anomala una simile serie di incidenti? E non è altrettanto anomalo che poi non se ne parli più?

Andando indietro nel tempo, si possono ricordare su tutti Giancarlo Garabello, che nel gennaio 2008 perdeva la vita all’interno della fabbrica, poi nel dicembre dello stesso anno Marco Barducco, elettricista allora 41enne di Mallare che si feriva precipitando da una passerella, stessa sorte toccata nel settembre 2009 a Giovanni Pietro Servolo di Plodio. Ancora, il 6 febbraio del 2010 all’interno dello stabilimento crollava una passerella che reggeva un nastro trasportatore, per un caso davvero fortuito nessuno rimane coinvolto, mentre nel marzo del 2010 l’incidente che aveva colpito un camionista portoghese. Infine, lo scorso mese di luglio, la caduta di Delbuono.

Ma allora, qual è il confine tra fatalità e impianti insicuri, tra imprudenza - magari dovuta all’esperienza e all’abitudine - e responsabilità dell’azienda, tra clamore strumentale e omertà dettata dal ricatto occupazionale?

e.m.

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