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Attualità | 22 gennaio 2019, 13:58

Serena Barberis, l'assistente genovese dei Vip: "Sono persone normali, alcune anche brutte!"

Intervista a Serena Barberis, in arte Serena Wolfenstein, che di professione fa l'assistente personale delle celebrità internazionali. Un lavoro insolito, per il quale "ci vuole faccia tosta"

Serena Barberis, l'assistente genovese dei Vip: "Sono persone normali, alcune anche brutte!"

C’è chi vuole lo chef personale per il cagnolino e chi si porta sempre dietro le posate per non usare quelle del ristorante. Insomma, le star internazionali ci hanno abituati alle loro manie. Ma chi si occupa di esaudire i desideri stravaganti delle celebrità, attori o cantanti che siano? Gli assistenti personali. E a Genova ne abbiamo incontrata una. Che per ragioni di privacy non può svelare i nomi dei vip stranieri per cui lavora, ma che ci ha raccontato qualche curiosità e soprattutto come sia un lavoro interessante. Avete presente il “Diavolo veste Prada”? Ecco, Serena Barberis, in arte Serena Wolfenstein, è la versione nostrana di Hanne Hathaway. Ma dice: “Anche le celeb sono persone normali, alcune anche brutte e poi mentono sulle misure!”.

Come hai deciso di fare questo lavoro, che è piuttosto insolito?

Da quando ero ragazzina ho sempre avuto la passione per lo spettacolo in genere, ma non sapevo esistesse davvero la figura dell’assistente: credevo fosse solo nei film americani! Ci sono capitata per caso, facendo altro: ero a Firenze, dove lavoravo per alcuni distributori d’alta moda. In particolare il mio capo era una donna: mi sembrava di vivere nel film “Il diavolo veste Prada”, mi faceva fare di tutto, segretaria, interprete e altro ancora. Finché un giorno, mentre eravamo a Roma con una band famosa, che aveva bisogno di capi fatti su misura e che non si trovavano, sono riuscita io a reperirli. Per questo hanno chiesto di me, la volta successiva, pensando che già facessi l'assistente.

Come hai iniziato?

Ammetto che all’inizio, anche se non avevo minimamente idea di come si facesse, mi sono buttata. La band mi ha portata a lavorare a Londra, e da lì mi hanno suggerito quali agenzie del settore contattare. E poi ho sempre avuto la passione per la fotografia, e mentre mi trovavo su un set in Norvegia il capo produzione, vendo i miei scatti, mi ha chiesto di farne altri, per la serie che si stava girando con un cast internazionale piuttosto grande. Insomma, bisogna provare a fare tutto. Ora faccio questo lavoro da nove anni, ma avrei iniziato prima.

Come si fa a entrare in un’agenzia? C’è differenza tra quelle inglesi e italiane?

Ci sono molte differenze. Nelle agenzie italiane si punta molto anche sull’estetica: spesso sono spinte le persone che hanno una presenza considerata migliore. Inoltre preferiscono chi ha fatto la scuola di moda o il Dams e io ho fatto il liceo linguistico e basta. In Inghilterra, invece, c’è più meritocrazia e mettono in prova a prescindere dalla formazione. Se sei bravo ti danno spazio, anche se sei l’ultimo arrivato. In America è molto difficile, invece, e c’è molta competizione. Io lavoro a chiamata, sono una freelance. È un lavoro molto faticoso, ma mi piace tanto.

Ma ti hanno fatto cambiare anche nome…

Quando ho iniziato a lavorare a Londra, il mio cognome “suonava” male e mi hanno chiesto di cambiarlo con uno che restasse impresso, perché secondo loro Barberis non si ricorda, e poi lo sbagliavano sempre e non sapevano pronunciarlo bene. Così ho pensato al cognome del mio amico tedesco, che si chiama Wolfenstein: è piaciuto e da lì sono diventata Serena Wolfenstein.

Almeno è un lavoro ben retribuito?

Dipende dalle percentuali delle agenzie, ma lo stipendio è buono e ti permette di vivere bene. Inoltre ci sono i soggiorni pagati, la possibilità di spostarsi, di vedere posti diversi e conoscere persone nuove. Purtroppo non hai tempo libero, ma io mi diverto e finisco la giornata con gioia, anche se sono sul set fino alle quattro di mattina e a meno dieci gradi di temperatura! Inoltre si possono conoscere anche culture diverse: non c’è solo l’attore, ma tutto l’entourage che gli ruota intorno. Sui set ci sono persone di tutto il mondo, dai tecnici ai montatori: ci si ritrova in tavolate multietniche in cui si parla, si ride e si scherza insieme.

Com’è la giornata tipo dell’assistente personale di una celebrità?

La sveglia deve suonare due ore prima rispetto a quella del vip, e si tira fino a notte fonda, specialmente se ci sono premiere e feste da seguire. Poi loro ti cercano: richiedono chi preferiscono. Quando mi arriva la comunicazione dall’agenzia, parte tutta l’organizzazione: già so che quando arriva il tale vip, devo portargli il muffin al mirtillo e la cioccolata calda all'aeroporto, per esempio. 

Quali sono esattamente i compiti dell’assistente?

Dipende dalla persona e anche dal Paese. In Italia si vuole una segretaria che organizzi l’agenda: prenda gli appuntamenti e fissi cene, viaggi, interviste; mentre all’estero gli assistenti personali si occupano proprio di tutto, dal caffè alla sveglia, dal vestito all’esaudire ogni tipo di richiesta. Ci sono alcuni che ti “tormentano” dalla mattina alla sera, altri no.

I Vip sono spesso viziati: quali sono state le richieste più assurde che ti hanno fatto?

Per esempio alle 2 del mattino uno di loro mi ha chiamato per farsi portare una coppa di gelato: è fissato con lo stesso tipo di gelato e pensa sia dietetico mangiarlo. Un altro mi ha svegliato alle 5, perché voleva che gli scrivessi e sistemassi a computer gli appunti che aveva preso a mano e che sembravano dei “geroglifici”! Poi c'è chi vuole determinate marche, che magari si trovano solo in alcune parti del mondo; per esempio ho faticato moltissimo a trovare una schiuma da barba: l’ho trovata, ma ho sbagliato il colore del tappo!

Sei stata anche testimone di qualche amore segreto?

No, mi è capitato solo di dover mandare un mazzo di fiori con un biglietto di scuse per un appuntamento saltato: era un mazzo enorme: gli ho fatto fare bella figura. Altrimenti mi è capitato di veder qualche liaison, ma un buon assistente si “dimentica” subito ciò che ha visto…

Ma sono tutti come sembrano in tv o sui giornali?

No. Ci fanno venire i complessi, ma in realtà se li vedi sono persone normali, e molti mentono sulle misure. Uno di loro mi aveva indicato peso e altezza: andando dal sarto con lui, ho capito che in realtà non corrispondevano, per cui mentre dava la taglia fasulla, io, da dietro, dovevo fare i gesti al commesso per fargli capire quella reale. Oppure una mattina vedendo uno di loro di prima mattina e struccato mi sono resa conto che era brutto! Non bisogna farsi troppi problemi. Mi è capitata un’attrice americana, che è bellissima sui giornali, ma che quando l’ho incontrata la prima volta non l’ho nemmeno riconosciuta tanto era diversa!

Ti sei mai imbarazzata davanti a un divo?

Sì, davanti a chi mi piace faccio, solitamente, brutte figure! Mi è capitato di fare l’assistente al mio attore preferito, che è inglese: nelle prime tre ore penso di avergli così scombinato la vita, che avesse pensato di cambiare lavoro: sono stata un disastro! Quando mi hanno detto che voleva un assistente, sono partita da Roma col primo aereo per Liverpool alle quattro di mattina, e appena l’ho visto gli ho versato addosso il caffè. Quando gli ho detto che ero l’assistente, mi ha risposto: “Ma di chi? Spero non la mia!”. Sono anche andata a sbattere contro una porta a vetri! Ma poi è andato tutto bene: gli ho fatto tenerezza, anche perché ero all’inizio oltre che molto più giovane di lui. Alla fine del lavoro insieme mi ha regalato un cimelio di un suo film. Poi ci siamo incontrati di nuovo all’aeroporto di Berlino, per caso,  mi ha riconosciuta ed è venuto a salutarmi.

Con qualcuno sei amica o qualcosa di più…?

Ho seguito attori molto famosi, anche dei quasi premi Oscar e con alcuni di loro ho fatto anche amicizia, e ci scriviamo a Natale o mi invitano alle feste e ai compleanni dei figli. Con una persona ho avuto una “simpatia”, che è finita.

Consiglieresti ad altri giovani di fare il tuo lavoro?

Ci sono giorni in cui lo maledico, ma è un lavoro meraviglioso che dà tante possibilità. Non è semplice entrare in questo mondo, ma ci si può riuscire con la giusta dose di “faccia tosta”, e senza stare ad ascoltare chi dice che sei troppo basso o grasso, o alto o magro: bisogna lanciarsi. Se hai curiosità, capacità, voglia di fare e fantasia, all’estero, soprattutto, ti danno la possibilità. E poi non bisogna essere un assistente supino: altrimenti se ne approfittano. E non bisogna sentirsi inferiori a loro perché sono famosi e bellissimi: sono come tutti. Ho conosciuto anche persone che sono entrate portando solo il caffè e poi sono diventate aiutoregisti: ovviamente persone che hanno fatto la scuola di cinema.

In Italia ci sono molti assistenti?

A Roma ne ho conosciuti tanti, così come ci sono tanti italiani che lo fanno in Inghilterra e in altri Paesi esteri. A Roma, Torino, Milano e Venezia ci sono le agenzie, a Genova no, ma quelle che formano nello specifico gli assistenti, sono a Londra.

Medea Garrone

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